La ‘sparata’ di Enrico Letta: “Mini Erasmus per i giovani cittadini europei”.
“Usare i soldi di Next generation Eu per finanziare tre mesi all’estero per tutti, non solo per chi può permetterselo”. Così il nuovo Segretario del Partito Democratico ha annunciato la nuova proposta per rendere obbligatorio l’Erasmus per gli universitari italiani, nel corso di Didacta, noto appuntamento dedicato alla formazione nel mondo della scuola.
Una proposta per supportare l’educazione interculturale e agevolare la coesione europea: “Sono sempre stato dell’idea che l’Europa non nascerà veramente se non renderemo reale l’Erasmus obbligatorio per gli studenti. Il Next generation Eu – ha aggiunto Letta – deve destinare una parte dei soldi per finanziare un periodo in un altro Paese europeo. L’esperienza che un ragazzo fa andando tre mesi all’estero, gli farà capire che insieme agli altri Paesi si possono risolvere i problemi”.
Intervento che potrebbe andare ad equilibrare lo squilibrio sociale per il neo segretario: “L’Erasmus non deve dipendere dalla disponibilità economica delle famiglie”.
Indubbiamente la proposta di Enrico Letta, esprimendo sensibilità per la questione giovanile e la mobilità internazionale dei giovani da una lato si dimostra poco lungimirante e aggiornata ai tempi odierni e scarsamente attenta alla disponibilità di risorse offerte dai programmi europei che già finanziano scambi giovanili e la formazione professionale dei giovani in Europa. Programmi quali l’Erasmus+ (confermato anche per la programmazione 21-27 con una dotazione di 26 miliardi di euro), il programma Corpo Europeo di Solidarietà (che ha preso il posto del vecchio Servizio Volontario Europeo, con una dotazione di 1 miliardo di euro per il periodo 21-27) e, ancora, la galassia dei progetti di formazione all’estero, primo fra tutti l’Erasmus per Giovani imprenditori che consente ad aspiranti giovani imprenditori o anche a giovani imprese già consolidate di realizzare progetti di job shadowing in UE e, recentemente, anche negli Stati Uniti, Singapore e Israele.
Programmi che finanziano, a costo zero per famiglie e amministrazioni locali, la mobilità dei giovani europei, consentendo ai giovani di partecipare a esperienze formative della durata di pochi giorni fino ad arrivare a 12 mesi in qualsiasi Paese UE, nei territori d’Oltremare e, a seconda del programma, anche nei Paesi extra UE. Attività che abbracciano, tra l’altro tutti i campi d’interesse e che da circa 30 anni producono numerose buone pratiche in termini di formazione linguistica, inclusione sociale, contrasto al razzismo e, cosa molto importante, per lo sviluppo delle competenze trasversali: aspetto paradossalmente soffocato dalla Scuola e dalle Università del nostro Paese, nonostante le ingenti risorse pubbliche che specialmente i poli universitari ricevono annualmente.
Attività per i giovani realizzate nei territori da ormai diversi lustri grazie alle tantissime organizzazioni giovanili sparse nella nazione, alle quali manca il solo riconoscimento da parte delle istituzioni locali per poter coinvolgere un maggiore numero di giovani. Amministrazioni locali, purtroppo, lontane anni luce da qualsiasi concetto di competenza in ambito giovanile, nonché espressioni ‘bi-partisan’ di un vero e proprio ‘menefreghismo di Stato’ verso i giovani.
La proposta di Letta, allora, oltreché impattante sui fondi del Next GenerationEU, non può che essere considerata se non come una uscita grossolana che denota scarsa conoscenza dei programmi già esistenti per la mobilità internazionale per i giovani. Proposta che dovrebbe rivolgere tutto il proprio imbarazzo e autocritica verso la classe dirigente della quale lo stesso Letta è un affermato, quanto rispettato, esponente.
Il proponente, se credesse realmente sull’opportunità della mobilità giovanile per facilitare la coesione sociale e contrastare l’esclusione sociale, potrebbe iniziare a influenzare gli enti locali amministrati dal Partito Democratico al fine di avviare una rinnovata e sostanziale alleanza con le organizzazioni giovanili qualificate in materia di politiche giovanili e partecipazione ai programmi europei.
Non è più tempo di slogan e proposte di spesa impattanti per il futuro dei giovani. Serve competenza!
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