Formazione e occupazione, il punto di Almalaurea sul Gender Gap.

Studiano di più, hanno più interessi e voti più alti, ma nel lavoro hanno retribuzioni inferiori e sono penalizzate se hanno figli. Ѐ questa la fotografia presentata da AlmaLaurea sulle performance formative e professionali delle donne, dalla scuola superiore all’università, fino al mercato del lavoro.

Nonostante le prestazioni scolastiche e universitarie più performanti, per le donne, quando si analizzano inserimento occupazionale e livelli retributivi, emergono persistenti disuguaglianze di genere. A tal proposito è opportuno, comunque, sottolineare che tali differenze sono legate anche alle diverse scelte professionali maturate da uomini e donne; queste ultime, infatti, tendono più frequentemente a inserirsi nel pubblico impiego e nel mondo dell’insegnamento, notoriamente in difficoltà nel garantire, almeno nel breve periodo, una rapida stabilizzazione contrattuale.

Su tale aspetto AlmaLaurea ha sviluppato un approfondimento ad hoc evidenziando che tra i laureati di secondo livello, a cinque anni dal conseguimento del titolo, le differenze di genere si confermano significative e pari a 5,0 punti percentuali in termini occupazionali: il tasso di occupazione è pari all’84,8% per le donne e all’89,8% per gli uomini. A un lustro dal titolo i contratti alle dipendenze a tempo indeterminato sono più diffusi tra gli uomini: 58,1% rispetto al 52,1% delle donne.

Gender Gap, Almalaurea
Gender Gap, Almalaurea

Indicatori che, in relazione all’occupazione, confermano una maggiore difficoltà per le donne nel mondo del lavoro: i dati sulla professione svolta, a cinque anni dal conseguimento della laurea magistrale, fanno emergere che le donne con una professione a elevata specializzazione (compresi i legislatori e l’alta dirigenza), continuano a essere meno degli uomini.

Altro dato di particolare interesse per la sua criticità è il differenziale retributivo che sale sempre a favore degli uomini, anche quando intraprendono i percorsi formativi che hanno un maggior riscontro sul mercato del lavoro. Tra i laureati di secondo livello che hanno iniziato l’attuale attività dopo la laurea e lavorano a tempo pieno emerge che il differenziale, a cinque anni, è pari al 16,9% a favore degli uomini: 1.715 euro netti mensili rispetto ai 1.467 euro delle donne. In termini di efficacia del titolo nel lavoro svolto, però, le donne risultano avvantaggiate, anche se in misura contenuta: infatti il 66,2% delle occupate, rispetto al 64,0% degli occupati, ritiene il titolo “efficace o molto efficace” per lo svolgimento del proprio lavoro.

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La lettura dei dati conferma che le donne sono più penalizzate sul lavoro se hanno figli. Il forte divario in termini occupazionali, contrattuali e retributivi tra uomini e donne, infatti, aumenta in presenza di figli. Il differenziale occupazionale a cinque anni dalla laurea sale addirittura a 21,4 punti percentuali tra quanti hanno figli: isolando quanti non lavoravano alla laurea, il tasso di occupazione risulta pari al 91,5% per gli uomini, rispetto al 70,1% per le donne. Anche nel confronto tra laureate, chi ha figli risulta penalizzata: a cinque anni dal titolo il tasso di occupazione delle laureate senza prole è pari all’85,1%, con un differenziale di +15,0 punti percentuali rispetto alle donne con figli.

Ma anche in termini contrattuali si osservano differenze rilevanti: tra quanti hanno figli e non lavoravano alla laurea, i contratti alle dipendenze a tempo indeterminato riguardano il 57,5% degli uomini e il 46,0% delle donne. Infine, tra i laureati con figli il differenziale retributivo sale al 24,6%, sempre a favore degli uomini, che percepiscono 1.772 euro rispetto ai 1.422 euro delle donne (in tal caso si considerano quanti hanno iniziato l’attuale lavoro dopo la laurea e lavorano a tempo pieno).

I vantaggi della componente maschile sono confermati a parità di gruppo disciplinare, a tal punto che le donne pagano un pegno maggiore, soprattutto in termini retributivi, anche quando intraprendono i percorsi formativi che hanno un maggior riscontro sul mercato del lavoro, come i percorsi dei gruppi Ingegneria, Economico-Statistico e delle Professioni Sanitarie. Quando intraprendono la strada di Ingegneria, dove si registrano in entrambi i casi risultati brillanti, le differenze tra uomini e donne permangono, sempre a favore dei primi: nel tasso di occupazione, anche se in misura più contenuta (94,7% per i laureati e 91,9% per le laureate), nella diffusione dei contratti a tempo indeterminato (rispettivamente 79,5% per gli uomini e 76,3% per le donne) e
soprattutto nelle retribuzioni (rispettivamente pari a 1.857 euro mensili netti per gli uomini e 1.692 euro per le donne, considerando coloro che hanno iniziato l’attuale attività dopo la laurea e lavorano a tempo pieno).

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La situazione non cambia neanche quando scelgono un percorso Economico-Statistico. Le differenze occupazionali risultano infatti elevate: il tasso di occupazione è pari rispettivamente al 91,8% per gli uomini mentre scende all’87,8% per le donne. Da un punto di vista contrattuale, i contratti a tempo indeterminato riguardano il 70,3% degli uomini e il 68,4% delle donne. Infine, le retribuzioni, calcolate su coloro che hanno iniziato l’attuale attività dopo la laurea e lavorano a tempo pieno, sono anche in questo caso sempre inferiori per le donne: 1.549 euro rispetto ai 1.763 euro degli uomini del gruppo Economico-Statistico.

Anche per chi opta per le Professioni Sanitarie permangono le differenze nel tasso di occupazione (93,3% per gli uomini e 90,1% per le donne), ma anche in termini contrattuali e retributivi: può infatti contare su un contratto a tempo indeterminato il 76,3% degli occupati e il 69,9% delle occupate e su una retribuzione di 1.581 euro per gli uomini rispetto ai 1.477 euro delle donne (anche in tal caso l’analisi è limitata a coloro che hanno iniziato l’attuale attività dopo la laurea e lavorano a tempo pieno).

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E nei percorsi dove storicamente la presenza femminile è più marcata come nell’Insegnamento e in ambito Psicologico, Linguistico e Letterario? Anche in questo caso il divario tra donne e uomini permane. Se puntano alla strada della Psicologia, gli uomini non solo sono leggermente più occupati (82,4% rispetto l’81,2%), ma sono anche caratterizzati da una maggior diffusione di contratti a tempo indeterminato (45,5% rispetto al 35,4%) e percepiscono retribuzioni superiori (1.554 euro rispetto ai 1.337 euro delle donne).

Laddove le differenze a livello occupazionale e contrattuale calano, o addirittura vedono un vantaggio delle donne, queste ultime restano comunque fortemente penalizzate in termini retributivi. Le donne del gruppo Linguistico, infatti, hanno minori chance occupazionali rispetto agli uomini (il tasso di occupazione è pari all’84,6% delle laureate rispetto all’88,9% dei loro colleghi), mentre non si rilevano differenze nella diffusione di contratti a tempo indeterminato (47,6% rispetto al 47,2% degli uomini). In termini retributivi però permangono differenze marcate: percepiscono in media 1.424 euro mensili netti rispetto ai 1.584 euro percepiti dagli uomini. Nel gruppo Letterario il tasso di occupazione è pari all’81,1% per le donne e all’80,2% per gli uomini; le donne presentano una minore diffusione di contratti a tempo indeterminato (39,2% rispetto al 40,1% degli uomini), mentre le retribuzioni sono pari a 1.429 euro per gli uomini e 1.366 euro per le donne. Nel gruppo Insegnamento il tasso di occupazione, invece, è pari al 90,4% per le donne e all’88,1% per gli uomini; inoltre le donne presentano una maggiore diffusione di contratti a tempo indeterminato (71,3%, rispetto al 65,0% degli uomini), ma la retribuzione rimane comunque a favore degli uomini (1.427 euro contro i 1.348 euro delle donne).