Pubblico impiego. Larga è la via dell’impopolarità della rappresentanza sindacale.

La coperta della manovra di bilancio 2021 è corta per i sindacati della Funzione Pubblica. Una constatazione resa evidente dalle recenti dichiarazioni del Governo Conte che hanno confermato che non ci saranno risorse significative per i contratti pubblici in questa fase, dovendo allocare risorse per le categorie meno tutelate e che hanno subito maggiormente l’impatto delle misure adottate dall’Esecutivo Conte per il contenimento dell’emergenza sanitaria.

Una decisione che, negli ultimi giorni, ha portato le principali confederazioni sindacali della Funzione Pubblica alla proclamazione dello sciopero nazionale il prossimo 9 dicembre. Scelta che, seppur giustificata dall’istituzionalità dei sindacati nel nostro Paese, non può che riportare in auge la contrapposizione tra sindacati (strenui difensori dei privilegi e ‘immunità’ alla crisi dei pubblici dipendenti) Partite IVA e aziende: un conflitto reso più evidente e aspro dal depauperamento (termine caro ai Marxisti ancora in vita) registrato negli ultimi 8 mesi che, di fatto, ha messo praticamente in ginocchio la parte ‘realmente’ produttiva del Paese, capace di sperimentare un nuovo stato di povertà o, meglio, una condizione estemporanea inimmaginabile, anche nel Paese della maggior imposizione fiscale e con la peggior burocrazia (pubblica) in Europa.

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Alla luce della contingenza straordinaria dell’Italia del Covid-19, la proclamazione dello sciopero nazionale del 9 dicembre non può che essere accolta con freddezza e con un certo fastidio, specialmente da parte di coloro che non hanno smarrito la capacità di analizzare la realtà in maniera autonoma.

Cittadini che, contrariamente a quanto avviene nei migliori film, difficilmente potranno immedesimarsi nelle istanze portate avanti dalla mobilitazione sindacale o, peggio, remare contro l’oramai acquisita stigmatizzazione, in termini di merito e produttività, del dipendente pubblico nel nostro Paese.

Foto di Leonhard S da Pixabay