Politiche giovanili: dalla Regione Sicilia un milione per progetti giovanili… e la Sardegna?
Cosa fa la Regione Sardegna per il sostegno delle politiche giovanili? Una domanda che non può trovare risposte lusinghiere alla luce dell’attuale quadro regionale. Nell’attesa che nella nostra regione “qualcuno/a batta un colpo”, arrivano buone notizie da un’altra isola italiana, la Sicilia, dove la Giunta regionale guidata da Nello Musumeci, su proposta dell’assessore alle Politiche sociali, Antonio Scavone, ha stanziato un milione di euro per le iniziative promosse dai giovani per il miglioramento delle condizioni di vita dei ragazzi/e siciliani/e.
Una decisione lungimirante che pone al centro la comunità dei giovani italiani, perennemente vessata ed esclusa dall’agenda politica di questa, purtroppo, gerontocratica Italia, sempre più rappresentata da esponenti politici che riconoscono l’espressione gioventù esclusivamente come rafforzativo per le proprie enunciazioni politiche.
Un milione di euro per la questione giovanile che rappresenta indubbiamente una somma ‘senza pretese’ ma che esprime un segno di sensibilità della politica verso i giovani, come ha ricordato Nello Musumeci durante la presentazione del nuovo provvedimento, per il quale si tratta di “una misura per sostenere i progetti di carattere socio-culturale capaci di coinvolgere i giovani nei processi produttivi e creativi per promuoverne l’inclusione sociale”.
Una parte del finanziamento, fanno sapere dalla Regione, costituirà la cosiddetta “quota premialità” da riservare a quei progetti che, alla loro conclusione, saranno valutati come buone pratiche, per sostenerne la prosecuzione e l’implementazione.
I contributi verranno concessi a seguito di un bando pubblico che sarà emanato nei prossimi giorni dal dipartimento regionale della Famiglia e sarà rivolto alle associazioni giovanili in collaborazione con enti locali o altri enti pubblici.
Per l’assessore Antonio Scavone, ispiratore della misura, “si finanziano progetti che vanno incontro alle aspettative di autonomia e realizzazione dei giovani promuovendo in particolare la partecipazione diretta ad attività culturali e sportive, ma intendiamo anche prevenire il disagio dei ragazzi nelle sue varie forme con particolare riferimento al fenomeno delle nuove dipendenze che riguardano le giovani generazioni”.
Enunciazioni lungimiranti che non possono che alimentare riflessioni perennemente eluse dalle amministrazioni di questo gerontocratico Paese, nel quale l’inerzia sulla questione giovanile continua a frenare lo sviluppo delle competenze trasversali delle nuove generazioni. Una nazione dove la causa giovanile non può essere combattuta attraverso le stucchevoli e poco autonome consulte giovanili. Uno Stato dove un qualsiasi piano contro la dispersione scolastica e la devianza giovanile esclude dal novero degli attori principali i veri portatori di interesse, ovvero i giovani, relegati al ruolo di semplici spettatori.
Un’esclusione facilmente riscontrabile anche nel principale comune della Sardegna, Cagliari, dove la stessa Giunta comunale, nell’impostazione originaria dell’Osservatorio delle Pubblica Istruzione e delle Politiche giovanili (deliberazione n. 192 del 17 dicembre 2019) ha palesemente escluso dalla sua composizione il vero target obiettivo, i giovani, per sostituirli con le poco innovative rappresentanze di professori, genitori, psicologi e dirigenti scolastici. Scivolone parzialmente corretto grazie a due emendamenti presentati dall’opposizione. Opposizione, ricordiamolo, che negli ultimi due mandati di Gunta Zedda fece poco o nulla per le politiche giovanili nel Comune di Cagliari.
Ancora sul fronte del contrasto della dispersione scolastica e della devianza giovanile, sono stati sperimentati per decenni interventi calati tra i banchi di scuola, nelle protette aule degli istituti scolastici, dimenticando di intervenire sui giovani con poche opportunità, tra i quali coloro che sono usciti dal circuito formativo e che, per ovvie ragioni, non possono più essere coinvolti attraverso iniziative spot ‘ideate’ da consigli scolastici, spesso animati da insegnanti senza alcun background nel settore del lavoro giovanile.
Una debolezza che si ripropone ogni anno anche a livello universitario, attraverso i programmi di mobilità internazionale, dove si assiste all’erogazione di milioni di euro verso le università sarde per finanziare la mobilità internazionale degli studenti, mentre, nel contempo si investono modeste risorse per la mobilità dei giovani che hanno interrotto gli studi accademici o che si trovano in situazione di disagio.
Tutte criticità che non possono che acuire i ben noti problemi dei giovani isolani, già pesantemente condizionati dalla condizione di insularità, dall’assenza di un sistema produttivo maturo e da un determinismo che libera sempre meno le ali della creatività e della speranza.
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