7 opere e 1 balletto: riparte a febbraio la Stagione del Teatro Lirico.

Venerdì 10 febbraio alle 20.30 si alzerà il sipario sulla Stagione lirica e di balletto 2023 del Teatro Lirico di Cagliari. Un ricco cartellone che prevede ben sette opere ed un balletto per gli otto turni di abbonamento (oltre alle recite mattutine rivolte a scuole e famiglie). I titoli delle sette opere, di cui tre nuove produzioni del Teatro Lirico di Cagliari, saranno ‘Gloria‘, ‘La Cenerentola‘, ‘Andrea Chénier‘, ‘La Traviata‘, ‘Carmen‘, ‘Mefistofele‘, ‘La Bohème‘ ed il classico ‘Il lago dei cigni‘ per il balletto.

Anche la Stagione 2023 è tesa a valorizzare la grande Opera italiana con i più significativi compositori dell’Ottocento e Novecento: Rossini, Verdi, Puccini, Boito, Giordano e Cilea. Un cartellone di equilibrio tra la musica di repertorio e quella più “nascosta” e sconosciuta, alla quale il Teatro Lirico di Cagliari pone sempre molta attenzione nel rendersi attivo nella sua promozione culturale e non solo nella sua tutela e salvaguardia. Due infatti sono le novità assolute e riguardano le figure di Francesco Cilea, musicista colto e raffinato ingiustamente famoso solo per la sua Adriana Lecouvreur, e di Arrigo Boito, insigne compositore, librettista e letterato che aderì al movimento della Scapigliatura e firmò una delle opere liriche più note e amate nel secolo scorso e che oggi merita una giusta riscoperta.

La Bohéme
La Bohéme

Gloria, opera lirica in tre atti, su libretto di Arturo Colautti, sarà rappresentata dal 10 al 19 febbraio, in un nuovo allestimento del Teatro Lirico di Cagliari. Sul podio Francesco Cilluffo, direttore e compositore, mentre la regia è firmata dal noto ed eclettico artista Antonio Albanese, che ha già curato, nel maggio 2021 per la riapertura al pubblico del Teatro Lirico di Cagliari, la regia di Don Pasquale di Donizetti.

L’azione, ambientata nella Siena del XIV secolo, è una variazione sul tema di Romeo e Giulietta e racconta la tragica storia di due amanti coinvolti nel conflitto tra Guelfi e Ghibellini.

Nel ruolo della protagonista si alternano Anastasia Bartoli e Valentina Boi, mentre in quello di Lionetto cantano Carlo Ventre e Denis Pivnitsky.

Il secondo appuntamento con l’opera, in scena dal 17 al 26 marzo, è con La Cenerentola, dramma giocoso in due atti su libretto di Jacopo Ferretti e musica di Gioachino Rossini (Pesaro, 1792 – Parigi, 1868), assente da Cagliari dal 2010 (esecuzione in forma di concerto) e dal 1977 (esecuzione in forma scenica). Si tratta della ripresa della produzione del Theater Bonn, andata in scena nel novembre 2021, che si avvale della regia di Leo Muscato (Martina Franca, 1973), recente vincitore del Premio “Franco Abbiati” e che ha già lavorato per il Teatro Lirico di Cagliari in occasione dell’apprezzatissimo Nabucco di Verdi (Stagioni liriche 2012-2015), della Bella dormente nel bosco di Respighi (Stagione lirica 2017) e di Cecilia di Refice (Stagione lirica 2022). L’Orchestra del Teatro Lirico è diretta da Jonathan Brandani (Lucca, 1983), poliedrico musicista e raffinato musicologo dal curriculum internazionale che ha debuttato a Cagliari lo scorso febbraio nella Stagione concertistica.

Il cast d’interpreti è composto da: Dave Monaco/Chuan Wang (Don Ramiro), Christian Senn/Andrea Vincenzo Bonsignore (Dandini), Giulio Mastrototaro/Alex Martini (Don Magnifico), Paola Gardina/Anna-Doris Capitelli (Angelina, detta Cenerentola) e Davide Di Giangregorio (Alidoro).

La Cenerentola, ossia La bontà in trionfo, viene rappresentata, per la prima volta, il 25 gennaio 1817 al Teatro Valle di Roma, ma non riscuote molto successo. Solo successivamente l’opera godrà del consenso del pubblico non solo in Italia, ma anche all’estero (soprattutto in Francia). Essa si mostra come un’opera fatta di travestimento e trasformazione, sia nella storia che nei motivi musicali: infatti una buona dose di arguzia e leggerezza, ma anche di malinconia amara, fanno di Cenerentola un sublime capolavoro. La trasformazione più miracolosa di tutte è, naturalmente, quella cui è soggetta la protagonista, Angelina: l’ingenua fanciulla che all’alzarsi del sipario è calata in un mondo di personaggi da opera buffa, diviene gradualmente una donna matura e regale.

Il Lago dei Cigni, foto Brescia e Amisano/Teatro della Scala
Il Lago dei Cigni, foto Brescia e Amisano/Teatro della Scala

Dal 21 aprile al 3 maggio, ritorna, dopo quindici anni (l’ultima edizione risale al 2008), uno dei capolavori veristi più popolari e amati: Andrea Chénier di Umberto Giordano (Foggia, 1867 – Milano, 1948). L’allestimento, del febbraio 2019, arriva dal Teatro Comunale Pavarotti-Freni di Modena, ed è firmato, per la regia, da Nicola Berloffa (Cuneo, 1980), artista tra i più promettenti della sua generazione che ha già lavorato a Cagliari (Orfeo ed Euridice, novembre 2021) e che trova una personale e moderna cifra stilistica, senza tradire l’inevitabile epoca storica del libretto.

LEGGI ANCHE:  La divulgazione scientifica verso i più giovani: le iniziative del CRS4.

Il prestigioso cast vedrà, quali raffinati ed espressivi protagonisti: Murat Karahan/Konstantin Kipiani (Andrea Chénier), Oksana Dyka/Irina Churylova (Maddalena di Coigny) e Devid Cecconi/Badral Chuluunbaatar (Carlo Gérard).

L’argomento dell’opera racconta gli ultimi anni di André Chénier, poeta francese (Istanbul, 1762 – Parigi, 1794) che s’ispira nei suoi versi alla poesia classica e all’Ellenismo e che, durante il periodo del Terrore, viene accusato di “cospirazione e crimini contro lo stato” e condannato alla ghigliottina, nonostante sia da sempre vicino agli ideali rivoluzionari, anche se ne denuncia coraggiosamente gli eccessi nei suoi scritti. L’opera, però, è anche un grande affresco musicale di un periodo storico, quello della Rivoluzione francese, affascinante e denso di spiriti di libertà ed uguaglianza che, Napoleone prima e il Congresso di Vienna dopo, ben presto deludono e spazzano via. La fortuna e il successo di pubblico che, da sempre, accompagnano il capolavoro musicale di Giordano, interessa anche il cinema d’autore: Jonathan Demme nel 1993 utilizza l’aria La mamma morta, cantata da Maria Callas, per una delle scene più intense del film Philadelphia. Carattere sanguigno, temperamento esuberante, enfasi lirica, ma anche sottigliezze e raffinatezze musicali fanno di Andrea Chénier un caposaldo del verismo, unanimemente riconosciuto ed apprezzato dal pubblico e, seppur solo di recente, dalla critica.

La Stagione lirica e di balletto prosegue, dal 26 maggio al 4 giugno, con l’amatissimo ed immortale capolavoro del massimo operista italiano Giuseppe Verdi (Roncole di Busseto, Parma, 1813 – Milano, 1901): La Traviata, melodramma in tre atti, su libretto di Francesco Maria Piave, dal dramma La Dame aux camélias di Alexandre Dumas figlio, fra i più popolari ed eseguiti al mondo, assente dalla scena cagliaritana dal luglio 2016.

Antonio Albanese (foto Ennevi)
Antonio Albanese (foto Ennevi)

Dopo il successo del suo debutto nel concerto del 1° dicembre 2021, ritorna, questa volta per la sua prima opera lirica a Cagliari, il direttore Beatrice Venezi (Lucca, 1990), una delle giovani rivelazioni della scena internazionale.

Prestigiosi ed affermati gli artisti che cantano, alternandosi, nei ruoli principali: Irina Lungu/Nina Muho (Violetta Valéry), Giulio Pelligra/Paolo Lardizzone (Alfredo Germont) e Leon Kim (Giorgio Germont).

Melodramma fra i più popolari ed eseguiti al mondo, La Traviata viene rappresentata al Gran Teatro La Fenice di Venezia il 6 marzo 1853 ed è la terza opera della famosa “trilogia popolare” (con Il Trovatore e Rigoletto) ed una delle partiture musicali più dense di interiorità psicologica di tutto il teatro d’opera romantico. Le figure femminili verdiane precedentemente delineate trovano in Violetta il più alto e perfetto compendio. Si impone, in quest’opera, un nuovo tipo di lirismo drammatico, non più fondato sui violenti contrasti delle passioni, ma su sottili e spesso raffinate notazioni dei sentimenti, del dolore, della tenerezza, dell’amore, della rassegnazione.

La Stagione lirica e di balletto prosegue nei mesi estivi, a favore del pubblico di abbonati e dei numerosissimi turisti presenti nell’Isola, con un gradito ritorno, a distanza di cinque anni dall’ultima rappresentazione (giugno/luglio 2018): Carmen, sanguigno ed amatissimo dramma di Georges Bizet (Parigi, 1838 – Bougival, Parigi, 1875) che verrà rappresentato dal 30 giugno al 9 luglio per nove serate, di cui 8 in abbonamento e 1 fuori abbonamento. Si tratta di un nuovo allestimento del Teatro Lirico di Cagliari, in lingua originale francese con sopratitoli in italiano, che si avvale della regia di Renato Bonajuto (Novara, 1979), fine esteta e visionario artista piemontese al suo ritorno a Cagliari dopo il successo delle Villi pucciniane nell’estate 2021. L’Orchestra e il Coro del Teatro Lirico saranno guidati da Fabrizio Maria Carminati, bacchetta ben nota e apprezzata a Cagliari (L’amico Fritz, 2013; L’elisir d’amore, 2015; La Traviata, 2020; Nona Sinfonia di Beethoven, 2021) che ha sempre raccolto consensi ed apprezzamenti. Nei 4 ruoli principali si alternano i cantanti: J’Nai Bridges/Martina Belli (Carmen), Murat Karahan/Mikhail Sheshaberidze (Don José), Askar Abradzakov/Jiří Rajniš (Escamillo) e Mariangela Sicilia/Martina Gresìa (Micaëla). Rappresentata per la prima volta a Parigi al Théâtre de l’Opéra-Comique il 3 marzo 1875, in Carmen Bizet ha unito diverse tradizioni, diverse convenzioni, diversi mondi. La Spagna creata da Bizet è prima ancora che un luogo geografico, il luogo della psicologia umana, il luogo della passionalità e dell’istinto: amore e odio, libertà e legami, maschio e femmina. Ed è in questi dualismi che va ricercata l’universalità dell’opera di Bizet e dei due caratteri di Don José e Carmen. I personaggi dell’opera sono lontani dall’originale letterario di Mérimée e rappresentano dei veri e propri personaggi simbolo: una gitana libera, Carmen, e un angelo casalingo, Micaela, come due poli dell’anima di Don José. Quest’ultimo è alla ricerca della libertà che finirà per trovare solo nel compiere un gesto estremo come quello dell’uccisione di un altro essere vivente.

La Traviata, foto Priamo Tolu
La Traviata, foto Priamo Tolu

Dopo la pausa estiva, la Stagione lirica e di balletto riprende, dal 3 all’8 ottobre, con il ritorno della grande danza classica d’autore con un titolo che manca da Cagliari dal 2017: Il lago dei cigni di Pëtr Il’ič Čajkovskij (Kamsko-Votkinsk, governatorato di Vjatka, 1840 – San Pietroburgo, 1893), nell’interpretazione del prestigioso Corpo di Ballo e dei Solisti del Teatro alla Scala di Milano e con la coreografia di Rudolf Nureyev.

LEGGI ANCHE:  'Cinema & Musica' nei primi giorni di marzo al Lirico.

Questa versione del balletto di Čajkovskij è nota per la rilettura del personaggio di Siegfried, qui melanconico principe romantico. Scrive Rudolf Nureyev: «Il lago dei cigni è per me un lungo sogno del principe che, nutrito di letture romantiche che hanno esaltato il suo desiderio di infinito, rifiuta la realtà del potere e del matrimonio che gli impongono la madre e il precettore. È lui, quindi, che, per sfuggire al malinconico destino che gli si prepara, fa entrare nella sua vita la visione del lago. Nella sua mente nasce un amore idealizzato e la proibizione che esso comporta: di qui il cigno nero e Rothbart, figure speculari, trasposizioni negative del cigno bianco e del precettore. Quando il sogno svanisce la ragione del principe non potrà sopravvivere».

Basato su un’antica fiaba tedesca, Der geraubte Schleier (Il velo rubato), Il lago dei cigni viene composto tra il 1875 e il 1876 e rappresentato, per la prima volta, al Teatro Bolshoi di Mosca il 20 febbraio 1877. Sebbene esistano molte versioni diverse del balletto, l’allestimento più ripreso è quello curato da Marius Petipa e Lev Ivanov per il Balletto Imperiale (su cui ha lavorato anche Nureyev), presentato la prima volta il 15 gennaio 1895 al Teatro Imperiale Mariinskij di San Pietroburgo.

Dal 17 al 26 novembre ecco un’altra preziosa rarità musicale (per Cagliari) che, senza dubbio, rende la Stagione lirica e di balletto 2023 del Teatro Lirico di Cagliari una delle più complete ed accattivanti, come novità proposte e sforzi artistici compiuti, degli ultimi anni: Mefistofele, opera in un prologo, quattro atti e un epilogo su libretto e musica di Arrigo Boito (Padova, 1842 – Milano, 1918) che ritorna a Cagliari dopo 52 anni (l’ultima edizione è all’Anfiteatro Romano nell’agosto 1961).

LEGGI ANCHE:  Ben Harper & The Innocent Criminals martedì a Riola Sardo.

Mefistofele viene rappresentata in un nuovo allestimento del Teatro Lirico di Cagliari e la regia è firmata, per la seconda volta in questa stagione, da Leo Muscato. A dirigere i complessi musicali stabili è stato invitato nuovamente, dopo il successo di Pagliacci (febbraio 2020) purtroppo interrotti a causa dell’inizio della pandemia da Covid-19, il maestro Lü Jia (Shanghai, 1964), direttore artistico e musicale del NCPA (National Centre for the Performing Arts) di Pechino.

Nei tre ruoli principali cantano: Rafal Siwek/Peter Martinčič (Mefistofele), Marco Berti/Antonello Palombi (Faust), Latonia Moore/Marta Mari (Margherita).

Con Mefistofele (5 marzo 1868, Teatro alla Scala di Milano), del quale ha composto musica e libretto, Arrigo Boito intende presentare un’opera d’arte «totale», risultato della perfetta fusione tra le «arti sorelle». Provocatoriamente distante dall’orizzonte di attesa del pubblico, il melodramma subisce un clamoroso fiasco. Il 4 ottobre 1875 Boito ripropone il Mefistofele al Teatro Comunale di Bologna: si tratta di un’opera completamente diversa che, allontanandosi dal modello di Goethe, si muove verso quello verdiano. È un modo, per il giovane poeta, di reinserirsi nel solco di quella tradizione operistica che egli stesso aveva cercato di infrangere e rinnovare.

La Stagione lirica e di balletto 2023 si chiude, dal 21 al 30 dicembre, con il titolo natalizio per antonomasia:La Bohème, opera in quattro quadri, su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, tratto dal romanzo Scènes de la vie de Bohème di Henri Murger e musica di Giacomo Puccini (Lucca, 1858 – Bruxelles, 1924), assente dal 2016 dal palcoscenico cagliaritano. Al giovane direttore spagnolo Jaume Santonja (Bocairent, 1986) che ritorna a Cagliari dopo il successo dei concerti del febbraio di quest’anno e l’acclamato debutto della scorsa estate al Parco della Musica, spetta il compito di dirigere i complessi artistici stabili del Teatro Lirico nel capolavoro del grande compositore lucchese, mentre l’allestimento scenico arriva dal Teatro Massimo di Palermo ed è firmato per la regia da Mario Pontiggia (Las Flores, Buenos Aires, 1959) noto ed apprezzato regista e direttore artistico della Fundación Internacional Alfredo Kraus, al suo gradito ritorno a Cagliari (Tosca, 2010).

Lo spettacolo, applaudito da pubblico e critica, risale al dicembre 2021 e risulta poetico, fresco e modernissimo nel suo delicato realismo, perfettamente amalgamato ad un lirismo mai stucchevole, e nella sua ambientazione francese, trasportata a cavallo dei due secoli, settant’anni dopo rispetto al libretto (1830), fra coloratissime affiches d’autore, atmosfere e tableaux che rimandano alla Parigi di Caillebotte e di Toulouse-Lautrec. Il cast degli interpreti è composto da affermati giovani di talento, fra cui spiccano: Marigona Qerkezi/Carolina Lopez Moreno (Mimì), Daniela Cappiello/Giulia Mazzola (Musetta), Francesco Demuro/Matteo Desole (Rodolfo), Bruno Taddìa (Marcello), Daniele Terenzi (Schaunard), Vittorio De Campo (Colline).

Presentazione di Classicalparco 2021, Teatro Lirico di Cagliari
Presentazione Teatro Lirico di Cagliari

Tragedia della giovinezza, ma anche inno all’amore puro, La Bohéme viene rappresentata, per la prima volta, l’1 febbraio 1896, al Teatro Regio di Torino, con la direzione di Arturo Toscanini. Giacomo Puccini scrive la musica in soli otto mesi per quella che diventa, da subito, una delle sue opere più amate e rappresentate e che continua, ancora oggi, a commuovere ed a meravigliare per la freschezza e modernità della melodia e dei temi trattati. L’autore s’inserisce nell’ormai imperante gusto verista, rinunciando alle tinte più plateali e truci volute dal movimento culturale, per privilegiare la storia sincera e semplice di Mimì e Rodolfo e le schermaglie amorose di Marcello e Musetta che diventano spettacolari tranches de vie che ispirano registi, scenografi ed artisti da ormai 126 anni.