1° maggio, la distonia tra le parole del presidente e l’operato della Regione Sardegna.
Dopo l’ultima tornata di celebrazioni nazionali, accompagnate dai soliti messaggi standardizzati, si prosegue con il primo maggio, la festa dei lavoratori. Occasione da non farsi scappare per ribadire (nella forma) concetti fondamentali, quali la tutela del lavoro e dei diritti, salvo poi assistere, nella cosiddetta fase della performanza, alla totale dissonanza verso tali principi.
Ad aggiungersi oggi all’elenco delle stanchevoli dichiarazioni, l’intervento del Governatore della Regione Sardegna, Christian Solinas, “rappresentante legale” di una maggioranza che, restando nei radar del lavoro e dello sviluppo, ha fatto veramente poco in questa Legislatura. “Frotta” decisamente più sul pezzo della presentazione degli emendamenti puntuali (immutabili quanto inutili per le sorti della Sardegna) ad ogni giro di Finanziaria e assestamento di bilancio.
“Il lavoro è dignità, libertà, fonte di accrescimento culturale, economico e sociale – reca l’incipit della comunicazione odierna del Governatore -. Il mio pensiero va a tutte le donne e gli uomini che si impegnano nel loro lavoro, a tutti coloro che ancora attendono stabilità e certezze nell’occupazione e, in modo particolare, ai lavoratori di Portovesme e San Gavino che la multinazionale Glencore sta condannando ad una stagione drammatica di incertezza. La Regione non li abbandonerà e garantirà non solo il sostegno di ammortizzatori sociali, ma anche ogni azione finalizzata a esplorare possibili soluzioni per la ripresa degli impianti”. Vertenza, come facilmente riscontrabile, nella quale la Regione potrà solo essere spettatrice.
Ma, nonostante il trend di autoreferenzialità delle istituzioni e l’acriticità del sistema dell’informazione locale, è sempre più facile anche per l’uomo della strada leggere l’inconsistenza delle dichiarazioni del Governatore: “Davanti a una precarietà dilagante – continua la nota di Solinas – la Regione ha messo in campo azioni e risorse per combattere l’impoverimento occupazionale, l’emorragia di posti di lavoro, le difficoltà di reinserimento lavorativo per le categorie considerate più fragili e per creare nuove opportunità di sviluppo che nei diversi ambiti possano accrescere la competitività del sistema sardo e offrire più certezze lavorative”.
Chissà perché le imprese lamentano da anni la mancanza (o l’esilità a seconda del settore) del sostegno da parte del Governo regionale, nonché la scarsa tempestività degli interventi (qualcuno ricorda il bando RESISTO?), per usare un eufemismo. Gli imprenditori e le imprenditrici, probabilmente, non conoscono il significato della parola “appagamento”. Ingrati!
Narrazione soliniana che raggiunge il proprio acme in materia di giovani: “La Sardegna ha bisogno dell’intraprendenza e dell’entusiasmo delle nuove generazioni, che si affacciano con spirito genuino e positivo al mercato del lavoro”.
Cosa (non) è stato fatto realmente per i giovani dal 2019, anno di inizio di questa penosa esperienza di Governo, dovrebbe esentare il Governatore da qualsiasi esternazione in materia. Al momento, infatti, esiste un solo intervento legislativo (la Pl 182) che, con molta probabilità, non arriverà in Consiglio regionale per la votazione finale alla luce del poco tempo che resta della Legislatura. Un pò poco per i/le giovani dell’Isola ai quali la “sensibile” rappresentanza regionale non ha neanche chiesto un parere per la spendita delle risorse del Fondo Nazionale per le Politiche giovanili attribuite alla Sardegna. Circa 700mila euro “mal destinati” per i voucher sportivi del progetto “Giovani VISPI”. Fatti non p**** come direbbe il comico Paolo Cevoli nella sua celebre interpretazione dell’assessore Palmiro Cangini.
La sensazione che la vigilia del primo maggio sia l’ennesimo tavolo per spararle “un tanto al chilo”, quindi, non può che diventare conferma leggendo il seguente passo del comunicato istituzionale: “La lotta allo spopolamento – ha proseguito il Presidente – consiste anche nel creare nuove opportunità in grado di lenire la piaga dell’esodo giovanile per lasciare nella nostra terra capitale umano, ricchezza, saperi. Oggi abbiamo il dovere di pensare a chi il lavoro non lo ha, a chi lo ha perso e fatica a ritrovarlo, a chi lo cerca per la prima volta e a chi, per i motivi più disparati, non riesce a costruire una propria identità lavorativa”. Ecco allora che il Primo maggio, prosegue il Presidente “deve essere per tutti motivo di riflessione e occasione per tenere a mente i principi fondanti scritti nella Costituzione ed evidenziare il valore del lavoro e il diritto per ogni cittadino di svolgere un’attività in libertà, dignità e sicurezza”.
Ma riflessione di che? Da 4 anni si portano avanti i “fatti propri” e politiche di scarso impatto, senza una minima stigmatizzazione verso i pessimi atti prodotti dalla Giunta e dal Consiglio regionale che, tra le varie “puttanate”, continua a discutere (quando ci si degna di lavorare) di funghi epigei.
Non potendo cacciare l’attuale governo con “mazze e pietre”, dovendo citare una frase erroneamente attribuita a un ex presidente della Repubblica, bisognerà attendere le prossime elezioni regionali che, guardando all’involuzione della classe politica regionale, non potrà che produrre un Consiglio regionale e, in particolare, una maggioranza ancora più inqualificabile.
foto Sardegnagol, riproduzione riservata